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Epilogo: la rete che
verrà
Sta a noi impossessarci delle reti
elettroniche e costringere internet a lavorare per noi. Se sapremo
lavorare bene, il pubblico sarà inchiodato davanti ai computer, al
momento della pubblicità. Se i professionisti sapranno reagire come
hanno fatto in passato questa minaccia cadrà nel nulla per
trasformarsi in una formidabile occasione per realizzare nuovi
utili.
Edwin Artzt, presidente della Procter
& Gamble
Dal 1986, data
della nascita del primo nodo FidoNet italiano, alle soglie del terzo
millennio non è facile fare un bilancio sereno della nostra vita "in
rete", così come non è facile intravedere quale tipo di
comunicazione e quale tipo di telematica ci attende negli anni a
venire. Ci sono parecchi segnali negativi, dovuti al perdurare dei
se-questri e all’arrogante sufficienza con la quale i nostri
politici, i nostri pseudo-intellettuali e i nostri giornalisti
affrontano discorsi com-plessi e delicati come la comunicazione in
rete, il controllo delle informazioni, la globalizzazione delle
telecomunicazioni, la pedo-filia, il diritto d’autore, la libertà di
espressione, la censura. Alcuni segnali di speranza, tuttavia, non
possono e non devono passare inosservati. Lo scorso giugno il
sequestro di un solo computer, il server di Isole nella Rete, ha
scatenato una reazione e un movimento di opinione che sono andati al
di là di ogni aspettativa, mentre nel 1994 davanti al sequestro di
centomila floppy disk, 160 computer e 83 modem ci sono state
soltanto delle timide reazioni che si sono concluse con un nulla di
fatto. Senza dubbio il popolo delle reti ha una voce più forte e una
maggiore capacità di auto-organizzazione, anche grazie agli
"anticorpi" maturati con le tristi esperienze dell’Italian
crackdown. L’opera di trasposizione sulle reti telematiche di
diritti fondamentali come la libertà di stampa, la libertà di
espressione e la riservatezza della corrispondenza è stata e
continua a essere un processo tutt’altro che indolore, per il quale
sono stati necessari più di dieci anni di esperienza diretta, di
conquiste politiche e intellettuali pagate sulla propria pelle da
tutti i pionieri dei BBS. La semplice esistenza di questo libro è
segno di una nuova cultura e sensibilità per i "diritti telematici",
che forse stanno per uscire dalla "riserva indiana" della
telematica, per diventare semplici diritti, senza nessun attributo
in più, riconosciuti anche da chi telematico non è. L’unico rischio
che corriamo abbandonando la nostra riserva è forse quello di
perdere la nostra cultura e la nostra identità "indiana", che finora
ci hanno permesso di resistere tra l’incudine della repressione
poliziesca e il martello della telematica commerciale. Questo libro
serve proprio a non dimenticare. La rete che verrà sicuramente
sarà molto diversa da quella che conosciamo oggi, ma alcuni "tratti
somatici" iniziano già a fare capolino, permettendoci di intravedere
una rete più partecipata, meno elitaria, più confusionaria, globale
e globalizzata, plasmata dal pensiero unico ma al tempo stesso
ancora ricca di liberi pensatori. L’augurio è che questo bambino
nato all’ombra del sogno americano possa crescere e svilupparsi in
maniera autonoma, per diventare un ambito di fraternità e di
incontro tra culture, senza trasformarsi nell’ennesimo strumento al
servizio dell’impresa planetaria per affermare i modelli economici e
culturali che sono la causa di tanta violenza e della distribuzione
ingiusta delle risorse del pianeta. Non ci resta che aspettare con
fiducia.
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