1. Premessa
1.1 Esiste un profilo di particolare rilievo, che rappresenta
la chiave di lettura di questo documento e come tale va chiarito ed espresso
in apertura. Nell'ultimo scorcio della passata legislatura il Parlamento
ha avviato un rilevante processo di riforma istituzionale che ha avuto
come perno due provvedimenti di carattere generale (Legge 241 e Legge 142),
ai quali si ricollegano e con i quali si interconnettono le leggi sulle
organizzazioni di volontariato e sulle cooperative sociali. L'elemento
centrale e unificante di questa iniziativa riformistica è rappresentato
dalla ridefinizione e dalla valorizzazione della soggettività pubblica
e sociale di diversi attori quali il cittadino singolo (Legge 241), la
comunità locale (Legge 142) le libere forme di aggregazione dei
cittadini per scopi solidaristici (Legge 266 e
Legge 381). E stato così compiuto un significativo
passo avanti nell'attuazione dell'orientamento costituzionale per il quale
molteplici sono i soggetti portatori di una capacità propria di
diretto adempimento dei "doveri inderogabili" di solidarietà
economica e sociale previsti dall'art.
2 della Costituzione.
1.2 La 266 e la 381
rappresentano quindi due punti avanzati del processo di riforma istituzionale
del Paese, ed appaiono coerentemente strutturate in quanto prevedono:
a) la finalizzazione tipicizzante e vincolante sia per le organizzazioni
di volontariato sia per le cooperative sociali, ad operare in ordine all'interesse
collettivo;
b) elementi strutturali (democraticità trasparenza vincoli operativi,
forme di controllo, atti a garantire la coerenza fra gli scopi dell'azione
e l'assetto organizzativo e funzionale dei soggetti);
c) la precisazione delle modalità di raccordo con lo Stato nelle
sue varie articolazioni.
1.3 Peraltro l'attuazione delle leggi 266
e 381 come per tutte le leggi di riforma ha oggi
dinanzi due alternative: svilupparsi in modo coerente con gli indirizzi
suesposti producendo così un ulteriore avanzamento nella direzione
della riforma istituzionale oppure realizzarsi in modo da ridurre, complicare
ed addirittura isterilire l'impatto innovativo dei procedimenti emanati.
A partire da una simile valutazione pare opportuno all'Osservatorio per
il Volontariato produrre questo documento di indirizzo, al fine di chiarire
ed esplicitare, nei paragrafi 2 e 3 gli elementi portanti di una linea
attuativa coerente con le opzioni che stanno alla base delle due leggi.
Di esse bisogna inoltre tenere conto nella ridefinizione delle azioni settoriali
e, più in generale, delle politiche sociali e degli orientamenti
strategici delle organizzazioni di volontariato e delle cooperative sociali
medesime. A questi temi sono dedicati i paragrafi 4 e 5.
2. Le organizzazioni di volontariato e le cooperative
sociali: omogeneità, distinzione, complementarità
2.1 La legge 381 e la legge
266 hanno disegnato due forme organizzative ad un tempo omogenee e
distinte. Una sintetica evidenziazione degli elementi di omogeneità
e di distinzione può permettere di chiarire anche la complementarità
che caratterizza i due soggetti e da ciò far discendere coerenti
orientamenti attuativi.
2.2 Omogeneità
Finalità: ambedue i soggetti si caratterizzano per l'impronta
solidaristica. Infatti le cooperative sociali hanno lo scopo di "perseguire
l'interesse generale della comunità" (art.
1/381) e attraverso le organizzazioni di volontariato i volontari svolgono
attività esclusivamente per fini di solidarietà (art.
2/266). Quindi ambedue sono organizzazioni di forma privata che operano
con lo scopo, di natura pubblicistica, di apportare vantaggi e benefici
alle comunità entro cui agiscono. Democraticità: la
struttura democratica formale, naturale elemento costitutivo della cooperazione,
è prevista come caratteristica vincolante anche per le organizzazioni
di volontariato (art. 3/266). È interessante
notare come, nell'ambito dell'intervento sociale l'introduzione di soggetti
rigorosamente caratterizzati sul piano della democrazia formale, rappresenti
una rilevante novità. Infatti per nessuno dei soggetti tradizionalmente
operanti nel settore socio-assistenziale (fondazioni, associazioni, enti
religiosi...) la democraticità è prevista come elemento strutturale.
2.3 Distinzioni
Volontari nelle organizzazioni di volontariato si tratta di
una presenza strutturale ed esclusiva per quanto concerne la composizione
della base sociale e la responsabilità gestionale e "determinante
e prevalente" per quanto concerne lo svolgimento delle attività
(art. 3/266). Nelle cooperative sociali abbiamo
invece nella base sociale, e quindi nella partecipazione alla gestione,
una presenza facoltativa del volontariato in ogni caso limitata al 50%
dei soci. Inoltre, per lo svolgimento di attività convenzionate,
è previsto che l'apporto dei volontari sia integrativo e complementare
(art. 3/381). Peraltro in ambedue le leggi
risulta precisato che la condizione di volontario è caratterizzata
dal fatto di "prestare attività", quindi dello spendere
concretamente tempo ed energia non dalla semplice adesione alla organizzazione.
Lavoratori retribuiti nelle organizzazioni di volontariato si tratta di
una presenza non prevalente, ammessa esclusivamente "nei limiti necessari
al regolare funzionamento" (quindi come apporto per i servizi generali
e non all'esercizio della specifica attività) ed incompatibile con
il rapporto associativo (art 3/266). Nelle
cooperative sociali si tratta di una presenza determinante che può
risultare anche esclusiva, sia entro la compagine sociale, sia entro la
struttura operativa.
Gestione di servizi: per le cooperative sociali la legge
381 prevede espressamente l'attività di "gestione di servizi
socio-sanitari ed educativi" (nella fattispecie da intendersi come
funzionamento interno), "attività" e "progetti"
(che indicano modalità operative dotate del carattere di continuità
o compiutezza, ma che non necessariamente sono riconducibili alla creazione
di strutture organizzate per la stabile gestione di servizi).
Attività commerciali e modalità di finanziamento:
lo svolgimento dell'attività commerciale risulta sostanzialmente
precluso alle organizzazioni di volontariato, mentre per le cooperative
sociali rappresenta un elemento connaturato alla loro caratterizzazione
di impresa. Tale diversità trova riscontro nelle modalità
di finanziamento delle due realtà. Per l'una le entrate non hanno
mai (se non in casi che debbono restare marginali) la caratteristica di
corrispettivi per attività produttive e commerciali: in via ordinaria
il finanziamento deve provenire da contributi, rimborsi spese, donazioni
e lasciti (art. 5/266). Per le cooperative
invece ricevere corrispettivi per l'attività svolta, sia essa socio-sanitaria,
educativa o di produzione e vendita di beni e servizi diversi, rappresenta
la naturale forma di acquisizione di risorse economiche. Convenzioni:
conseguentemente e coerentemente con quanto sopra evidenziato, anche le
convenzioni stipulate con gli enti pubblici risultano essere profondamente
diverse. Per le cooperative, di norma, esse regolano uno scambio di natura
commerciale, caratterizzato da un rapporto diretto tra entità delle
prestazioni ed entità dei corrispettivi. Per le organizzazioni di
volontariato esse riguardano il sostegno ad attività e progetti,
e l'intervento economico del soggetto pubblico si configura non come scambio,
bensì come apporto di sostegno e resta correlato alla entità
delle spese vive sostenute, anziché essere proporzionale all'attività
prestata.
2.4 Complementarità
Dalle considerazioni suesposte emerge, come nel disegno del legislatore,
ai due soggetti competano ruoli diversi nell'attuazione e nello sviluppo
delle politiche sociali. Le cooperative sociali sono chiamate ad operare
laddove si realizzi un rapporto di scambio economicamente significativo
con soggetti terzi pubblici e privati, e ad esse è possibile l'affidamento
di servizi da parte di enti locali. Le organizzazioni di volontariato operano
in modo più articolato sul fronte della promozione, della tutela
e del sostegno sociale; esse scelgono liberamente quali interessi dei cittadini
intendono tutelare e quali iniziative promuovere, ed in relazione a ciò
possono collegarsi alle strutture pubbliche anche mediante la stipula di
convenzioni ricevendo contributi e rimborsi secondo modalità prestabilite.
Si tratta, per le cooperative sociali e le organizzazioni di volontariato,
di una palese complementarità di ruoli, da espletare nell'ambito
di un comune scopo solidaristico. Appare quindi di tutta evidenza quanto
siano fuori strada gli orientamenti di alcuni enti pubblici, volti a creare
una sorta di concorrenzialità fra organizzazioni di volontariato
e cooperative sociali in ordine alla gestione dei servizi, addirittura
attraverso gare d'appalto.
3. Verso una coerente strumentazione attuativa
3.1 Come si è visto i due soggetti - organizzazioni di volontariato
e cooperative sociali - sono caratterizzati: da una rilevante omogeneità
nel piano della natura istituzionale e degli scopi (soggetti privati vincolati
a scopi solidaristici); da una forte distinzione/complementarità
per quanto concerne alcuni elementi strutturali, quali il lavoro volontario
e quello remunerato, ed operativi, quali il tipo di attività e le
modalità di relazioni con i soggetti istituzionali pubblici. Appare
dunque quanto mai necessario che la fase attuativa delle due leggi si sviluppi
in modo consequenziale con l'impianto di base creato dal legislatore nazionale
e che ciò avvenga in modo consonante nei tre ambiti interessati
da tale processo, vale a dire: i provvedimenti attuativi di livello nazionale;
la legislazione ed i provvedimenti regionali; il riassetto statutario e
operativo interno alle organizzazioni di volontariato ed alle cooperative
sociali.
3.2 Provvedimenti attuativi a livello nazionale
Nella emanazione di provvedimenti attuativi sia di normazione primaria,
sia di carattere regolamentare, appare opportuno da un lato valorizzare
gli elementi di specificità, caratteristici di ciascuna delle due
realtà, dall'altro prevedere un approccio univoco agli elementi
di omogeneità che li caratterizzano. Sotto il primo profilo si tratta
di coordinare diversi provvedimenti di natura regolamentare, emanati anche
da diversi dicasteri, affinché si evitino improprie sovrapposizioni
ed inopportune interferenze. Riguardo al secondo profilo, fatte salve le
interconnessioni con leggi settoriali di cui si dirà più
avanti, appare urgente e rilevante una iniziativa volta a creare un sistema
fiscale omogeneo, specifico e coerente per organizzazioni di volontariato,
cooperative sociali ed altri soggetti no profit. In generale va poi sottolineata
l'esigenza di un punto di riferimento unico ed adeguato per coordinare
le iniziative dei diversi Ministeri che intervengono su questo tema. 3.3
Legislazione regionale
La legislazione regionale attuativa sia della legge
266 che della 381 ha dinanzi due alternative:
sviluppare e dettagliare con riferimento alle specificità locali,
gli orientamenti riformistici che caratterizzano le leggi nazionali, oppure
tendere ad annacquarli, riducendone l'impatto innovativo. In ogni caso
va tenuto presente che l'attuazione a livello regionale pone problemi di
tecnica legislativa e di impianto istituzionale affatto nuovi, rispetto
alle tradizionali leggi di settore. In questo caso si ha a che fare con
soggetti per loro natura intersettoriali. Le organizzazioni di volontariato
operano nell'ambito dei servizi sociali e della sanità, ma anche
della protezione ambientale e dei beni culturali. Le cooperative sociali
con la loro azione intersecano gli assessorati ai servizi sociali, alla
sanità, alla formazione professionale, al lavoro. Appare dunque
essenziale che l'approccio, e di conseguenza la tecnica legislativa, non
tenda ad interpretare le organizzazioni di volontariato e le cooperative
sociali esclusivamente come strumenti per le politiche socio-assistenziali,
bensì tendano a meglio definirle e valorizzarle come soggetti attivi
ed operanti in diversi ambiti delle politiche regionali.
3.4 Soggetti privati
Ritenere che l'attuazione delle leggi 266
e 381 sia compito esclusivo dello Stato e delle
Regioni ed alle organizzazioni di volontariato e alle cooperative sociali
competa esclusivamente l'attesa e l'attuazione dei provvedimenti da essi
emanati, significa non aver presente la funzione propria dei comportamenti
privati in ordine alla creazione del "diritto materiale", frutto
del rapporto tra norma codificata e concreta modalità di operare
e di orientarsi dei soggetti interessati. Il problema si pone soprattutto
laddove la nuova normativa richiede cambiamenti più o meno rilevanti
rispetto alla situazione in cui si trovano i vari soggetti, oppure presenta
soluzioni non pienamente confacentesi alle attese ed alle istanze da essi
rappresentate. Da ciò possono discendere comportamenti riottosi
contestativi o elusivi. Il determinarsi di simili fenomeni appartiene alla
naturale e positiva dialettica sociale ed istituzionale e non va considerato
come fenomeno negativo. Peraltro, va rilevato che, di massima, solamente
un periodo di corretta e coerente attuazione di un indirizzo legislativo,
permette di pervenire ad una sua equilibrante valutazione ed alla decisione
circa eventuali modifiche di maggiore o minore rilievo. Quando invece l'attuazione
risulta fortemente condizionata da spinte e resistenze antagonistiche,
risulta sempre assai difficile stabilire se l'imperfezione o addirittura
l'inesistenza dei risultati discenda da una errata impostazione legislativa
o da una sua inadeguata ed incoerente attuazione (si pensi al dibattito
tuttora in corso ed alle diverse opinioni circa la legge 180). Compete
dunque a organizzazioni di volontariato e cooperative sociali valutare,
in modo equilibrato e consapevole, se impegnarsi a fondo, per quanto di
propria competenza, ne dare un esito attuativo rapido e coerente alla normativa
nazionale anche quando questa impone di modificare impostazioni ed assetti
consolidati, affrontando problemi anche complessi , di riorganizzazione
e riorientamento. Pare peraltro da ribadire come solamente una simile impostazione
finalizzata alla coerente e sollecita attuazione, fondata su un univoco
approccio da parte di Regioni, Enti pubblici e Stato e soggetti privati,
potrà permettere entro breve termine, una equilibrata e consapevole
valutazione degli esiti e di conseguenza l'adozione di eventuali correttivi.
4. Interconnessioni
4.1 Un profilo di particolare rilievo attiene alle interconnessioni
tra i provvedimenti in materia di cooperative sociali e organizzazioni
di volontariato e quelli relativi:
a) ai diversi ambiti delle politiche sociali;
b) agli altri soggetti privati che agiscono entro l'ambito delle politiche
sociali.
La novità di avere per la prima volta nell'ambito delle politiche
sociali, legiferato per soggetti istituzionali, anziché come di
consueto (L. 180, L. 309, L. 104) per settori di intervento, incide sul
quadro generale e determina la necessità di una azione legislativa
mirata ad una coerente ed evoluta ridefinizione dell'insieme.
4.2 Per quanto concerne gli ambiti ed i provvedimenti settoriali
esiste innanzitutto l'esigenza di raccordare le legislazioni in materia
di tossicodipendenze e di handicap con la normativa della 266
e della 381, nonché di provvedere ad una
corretta dislocazione delle organizzazioni di volontariato e delle cooperative
sociali nei relativi piani di settore sia nazionali che regionali. Soprattutto
in materia di inserimento lavorativo di tossicodipendenti ed handicappati
pare opportuno definire rapidamente un ruolo caratteristico per le cooperative
sociali di cui al punto b) dell'art. 1 della 381.
Peraltro, in generale, l'esistenza di due soggetti tipici e strutturati
quali le organizzazioni di volontariato e le cooperative sociali dovrebbe
rendere naturale, nei provvedimenti settoriali, il riferimento specifico
ora alle une, ora alle altre, ora ad ambedue in base a specifiche esigenze
e finalità. Dopo la 381 e la 266,
qualsiasi generico riferimento presente in altre leggi a "Enti pubblici
e privati" appare una rinuncia ad apprezzare e valorizzare l'opinione,
che lo stesso legislatore ha compiuto, relativa al riconoscimento di soggetti
specificamente finalizzati e caratterizzati per operare nell'ambito delle
politiche sociali. Un esempio positivo e significativo in questo senso
è offerto dal decreto legge n. 148/93 in materia di interventi urgenti
per l'occupazione che attribuisce, nell'ambito degli interventi di politiche
attive di lavoro, un ruolo specifico alle cooperative sociali di inserimento
lavorativo. Analogo indirizzo si ritiene vada assunto sia nella messa a
punto dei provvedimenti attualmente in gestazione, sia nella rivisitazione
e attuazione di quelli già in essere.
4.3 Un altro fronte dal quale non pare si possa prescindere è
quello degli altri soggetti la cui attività è contigua e
connessa a quella di organizzazioni di volontariato e cooperative sociali.
I principali sono quelli ricompresi entro l'ampia dizione di "Associazionismo".
Ad essi peraltro vanno aggiunti la cooperazione ordinaria e le fondazioni.
È evidente che l'essere intervenuti legislativamente solamente in
due dei vari soggetti riconducibili all'ambito del "terzo sistema"
produce uno squilibrio strutturale che richiede di essere sollecitamente
recuperato, innanzitutto con l'emanazione di una nuova legge sull'associazionismo.
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